La formula si ispira all'omonimo premio letterario ideato alla metà degli anni '60 dal direttore dell'Ente Provinciale del Turismo di Asti, Francesco Argiró: una giuria di scrittori (di cui facevano parte tra gli altri Franco Antonicelli e Alberto Bevilacqua) presieduta da Leonida Répaci assegnó per alcuni anni un premio di due milioni di lire all'opera di narrativa giudicata la più valida tra quelle già candidate con probabilità di successo ai diversi Premi letterari e non premiata nella scelta finale.
Vincitore dell'ultima edizione (anno 1968) fu Anna Banti per Noi credevamo. Il premio, travolto dalle contestazioni del '68, fu sospeso dopo l'edizione di quell'anno. Ma in città aveva lasciato un segno profondo in alcuni giovani lettori di allora, divenuti col tempo professionisti affermati senza dimenticare l'amore per la lettura.
La suggestione a riprendere l'iniziativa si deve soprattutto ad uno di essi, Paolo Conte, che da tempo ha abbandonato la toga di avvocato per il pianoforte dello chansonnier.
Rispetto alla formula originale c'è una sostanziale novità: per sottolineare in modo autorevole e ironico l'analogia del premio con un iter processuale la giuria tecnica non è composta da critici, ma da uomini di legge.
Il premio si avvale della preziosa consulenza di Alberto Sinigaglia.