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28-05-2025
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16-05-2025
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26-11-2022
Le recensioni di Massimo Cotto: PASQUALE RUJU

PASQUALE RUJU, Il codice della vendetta (E/O)

Ci sono trame che si incastrano, perché la vendetta non può essere tutto, anche se qui è molto, perché è Sardegna, perché il miglior amico di Zanna (più che amico, quasi un padre vicario) è zi’ Gonario, ultimo dei banditi sardi, perché non esiste domani di luce se non hai prima fatto i conti con il buio di ieri, anzi con il Nero, per dirla fino in fondo.
Zanna è tutto e niente. Non è nemmeno Zanna, perché è stato costretto a cambiare nome quando ha visto quel che non doveva vedere. Ad abbandonare la famiglia, la moglie e la figlia Valentina, senza nemmeno avvisare. Zanna condannato a un inferno senza nemmeno passare dal via. Questa è una delle trame del romanzo, il tentativo di ricucire, di riprendersi una vita o quel che ne resta, di non perdere tutto perché troppo si è già perso. Poi c’è un’altra trama, un delitto strano a una festa esclusiva in Costa Smeralda, in quello spicchio di Sardegna dove tutto brilla anche quando non ha valore.
Ma è ovvio che al centro di tutto non c’è un’altra trama, ma la trama. La vendetta che ha i suoi codici e che vanno rispettati perché è l’unico modo per avere restituzione, oltre a vendetta.
I rimandi sono a Antonio Pigliaru, filosofo, giurista e scrittore, autore del Codice della vendetta barbaricina, è un codice morale e comportamentale tramandato oralmente nel tessuto pastorale e nel Banditismo. Due i comandamenti essenziali. La vendetta deve essere misurata e prudente, misurata al torto subito e non sfacciata e naturalmente rivolta a chi ha causato volutamente un torto, lontano dalla casualità.
Zanna si deve vendicare, ma prima deve salvarsi la vita perché una serie quasi incredibile di circostanze e casualità, di imprevisti e probabilità lo mette ripetutamente in pericolo.
Mentre scorrono le trame ti accorgi che Pasquale Ruju non descrive mai i personaggi, li lascia alla fantasia del lettore, proprio lui che da sceneggiatore e soggettista è abituato a dare volti. Forse è perché vuole tenere separate le due attività, il romanzo e il fumetto. O forse perché l’unica cosa che qui deve avere volto è la vendetta, misurata e prudente.

Massimo Cotto

foto Franco Rabino
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