Nuovo appuntamento con le recensioni dei libri dei finalisti dell'edizione appena conclusa del nostro Premio, curate da Massimo Cotto e corredate dalle dediche "virtuali" degli autori.
Gian Arturo Ferrari, "Ragazzo Italiano", Giangiacomo Feltrinelli Editore:
Ninni è un bambino che tartaglia, è un bimbo diviso non solo nelle sillabe, anche nel tempo e nei luoghi, perché vive a Zanegrate da metà ottobre a fine maggio e a Querciano per il resto dell’anno. Due stagioni, due case, due luci, due voci, due mondi, due vite, due genitori all’opposto: una madre che protegge, un padre che distrugge. Ninni è troppo piccolo, troppo magro, ha la testa grossa e le gambe che sono acciughe, orecchie a sventola e capelli che sono spinaci. Non sa fare altro che leggere e studiare e forse è questo che fa di Ragazzo italiano un rito di passaggi, al plurale: dal mondo reale a quello della letteratura e poi a percorso inverso.
Ragazzo italiano è anche la storia di un’Italia che cresce, a volte così lenta che sembra immobile, altre volte veloce che pare un fulmine. Ninni rappresenta una generazione strana, schiacciata tra quella precedente che ha vissuto la guerra e quella successiva che godrà un primo benessere. Inutile chiedersi quanto ci sia di autobiografico, un po’ perché nella letteratura questa domanda è superflua, un po’ perché nella letteratura anche l’orizzonte personale diventa storico e sociale, altrimenti sarebbe impossibile trasformare una storia singola in storia universale. Forse anche per questo, per raccontare una storia e la storia, questo libro lo dovrebbe leggere soprattutto chi è ragazzo oggi, perché vedrà questo racconto come paleozoico, un mondo così distante da apparire improbabile, impossibile, inventato.
I capitoli sono molto brevi, per facilitare la lettura, per dare la sensazione che ogni frammento contiene il tutto, ma anche perché la memoria non è un flusso continuo, un fiume che scorre, semmai piccoli blocchi, fiori che sbocciano all’improvviso e poi appassiscono veloci per poi rinascere nei capitoli successivi, in questo gigantesco giardino che non è solo Ninni, siamo tutti noi.
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